Papa Francesco, dopo l’Enciclica Laudato si’, in cui leggiamo al paragrafo 30 : “Mentre la qualità dell’acqua disponibile peggiora costantemente, in alcuni luoghi avanza la tendenza a privatizzare questa risorsa scarsa, trasformata in merce soggetta alle leggi del mercato. In realtà l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”, lancia l’allarme per la non equità della gestione dell’uso dell’acqua potabile e sicura, che a livello internazionale potrebbe causare una terza guerra mondiale.
Il Papa si esprime nella sua lingua, argentino spagnola, la lingua di più ampia diffusione a scapito della commerciale lingua inglese, davanti a un simposio di scienziati riuniti in un seminario in Vaticano. L’acqua è la fonte della vita è il bene che indiscutibilmente deve essere a portata di ogni essere umano nella sua essenza di potabilità perché ne vale dell’esistenza dell’uomo sulla Terra, eppure si stanno delineando, a livello mondiale, delle appropriazioni indebite per cui anche questo bene a portata di tutti, sta diventando un bene commerciale, a pagamento a totale disposizione di pochi che ne determinano la distribuzione ai molti, per i quali una necessità diventa un optional di vita.
La denuncia agli esperti della Pontificia Accademia delle Scienze, riuniti alla Casina Pio IV in data 23 febbraio di quest’anno, si articola sulle cifre sconvolgenti riportate dall’ONU, che contano più di mille bambini al giorno morti per malattie collegate al consumo di acqua inquinata, mentre altri muoiono di sete per la totale non fruibilità della stessa. Scenari futuri si aprono a guerre per un bene così prezioso quanto necessario.
Il papa ribadisce il concetto che “se rispetteremo questo diritto come fondamentale staremo ponendo le basi per proteggere gli altri diritti”
San Francesco parlava dell’acqua nel suo Cantico delle Creature definendola come una sorella “la quale è molto utile, e umile, e casta”. Il suo era un ringraziamento non un quadretto romantico ma una intesa mistica attraverso questa sorella con il Creatore che ne aveva fatto dono per la cura delle sue creature.
Anche la mistica Teresa d’Avila parla dell’acqua ma in chiave simbolica, la usa come mezzo necessario per innaffiare il giardino perché le piante che vi sono piantate non inaridiscano ma indicando un percorso personale nell’avvicinarsi a Dio con diversi gradi di difficoltà e accoglienza. Infatti i quattro modi proposti: “cavando l’acqua da un pozzo, che è il modo più faticoso;” oppure “ portarla negli acquedotti per mezzo di una noria”; o in terza istanza “derivarla da un fiume o da un ruscello, che è il modo migliore perché la terra ne rimane bene imbevuta, non occorre innaffiarla tanto spesso, e il giardiniere ha molto meno da faticare”; e per concludere grazie a” una buona pioggia, nel qual caso è Dio che innaffia senza alcuna nostra fatica: sistema migliore che supera ogni altro” (Teresa d’Avila, madre degli spirituali, pp.30-31) L’immagine del giardino da innaffiare serve a Teresa per spiegare il mistero della preghiera-vita, infatti quelli che cominciano a fare orazione sono coloro che con grande fatica cavano l’acqua dal pozzo. Il rapporto con Dio e la costante tensione della nostra vita verso di Lui non può prescindere dalla nostra capacità di comportamento e scelta della gestione delle risorse naturali che coinvolgendo anche gli altri sono di portata sempre più ampia. L’uomo ha ricevuto in dono il Creato ma è al Creatore a cui ci si deve rivolgere per comprendere pienamente che leggi di mercato o politiche non possono far diventare l’uso di questo dono una sopraffazione e un potere verso persone e popoli ugualmente referenti dello stesso dono.